Ileana Della Matera sicuramente è portatrice del segno e del colore di una Lombardia Alta, dove Lombardia alta non è solo una collocazione geografica, essere cioè sopra del baricentro culturale chiamato Milano, ma è una tipologia di appartenenza stilistica, ovvero professare una impressione-espressione molto colta, alta, appunto, cioè evoluta, in quella stessa Lombardia che fu del manzonbi e del Morlotti.
Questo, in linea di massima.
Ma la linea di massima non si addice a questa artista, che va inscritta a quella ristrettissima schiera di operatori del colore e del segno difficilmente assorbibili in files, per evidenti ragioni di atipicità portamentale. Che la si voglia considerare una visitatrice di qualche non ancora del tutto attraversata frontiera astratta o la si voglia annettere d’ufficio al territorio espressionista e comunque figurale di extrema thule, l’esito non è comunque una “risalita al padre”, ad una appartenenza, ad uno schieramento precostituito. I sensori cromatici impressivi-espressivi che Della Matera attiva nel passaggio delle lande e dei molto agitati mari le consentono di evitare segni ed orme di vari capostipiti, restando la pittrice su camminamenti “propri”, assumendo tonalità quasi sempre sulla scala bluatica, in una coralità cromomaterica pur armonica.
E è qui la pregnante unicità di Ileana Della Matera, il suo non appartenere, il non lasciarsi cooptare in alcun movimento. Una narrativa per gesti e timbri, per essenze anzi, per essenzialità, più segnate e dipinte con la mente che con la mano.
Donat Conenna Critico d’Arte